Esiste un momento in cui
anch'io non mi assento
nell'euforia dell'Inconscio e
nell'armonia fonetica da questo
proveniente, componendo, più o meno,
di getto, per trarne l'effetto
di scrivere e di portare
tra la gente le verità del vivere.
Ma invece redigendo mi arrovello,
e rivedendo poi, cancello, e non
lascio cadere, alla fine, un reticolato
che, come in un videogioco, mi lasci
vedere le rime in rosso-fuoco, le
assonanze in verde-rame, le consonanze
in blu-oltremare; ma le parole entrano
ed escono da un'articolata recinzione
di cancellature e di brutture grafiche .
E quando il lavoro è terminato, più
lucente dell'oro riscopro il risultato
alla lettura, e mi fa quasi paura
veder l'inquadratura sfaccettarsi come
un diamante che riceve come in vasi
nelle sue precise e simmetriche
incrinature tutti gli aspetti del poema
riletto ad alta voce.
Ma è quando riapro gli occhi che
la gemma s'infrange e la dimentico,
ma rimane come uno stemma
evanescente nell'aria del risveglio
la stupefacente consapevolezza
che non c'era neanche, nel testo,
la lodevole asprezza di una rima.
domenica 25 gennaio 2009
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