giovedì 29 gennaio 2009

Guardammo sulle sponde del divenire

Guardammo sulle sponde del divenire
il silenzio dei nascituri immerso nella nebbia,
e mentre il mantello ricopriva i tulipani, le
correnti dolorose dell'Eufrate, ed i mesti
rintocchi dei campanili di Londra, la soffitta
dei pensieri si riempiva di nuovi giocattoli
dimenticati o rotti, e le locomotive di legno
giallo con le ruote rosse della nostra infanzia,
tirate da una cordicella, venivano assorbite nel vortice
privo di binari di un'indefinita estinzione. Intanto
passava il lugubre rumore del solstizio invernale,
e si apriva a nuove onde la tempesta che scuote
le navi di zucchero, piene d'acqua e di tristezza,
per scioglierle nel periodico manifestarsi dell'agguato
dell'essere. Allora si apriva come un melanconico
sguardo sul vuoto degli specchi marini, e sulla
celestiale abissalità delle superfici stellate,
e mentre ricadevamo nel sonno dell'indifferenza,
guardammo ancora sulle sponde del divenire.

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