Italia mia,
Le genti a vincer nata,
E nella fausta sorte e nella ria.
G. Leopardi
Mentre in Inghilterra lavoravano Arthur Machen ed Algernon Blackwood,
mentre veniva fondato in Inghilterra l'Ordine Ermetico della Golden
Dawn da parte di Samuel Liddell McGregor Mathers, mentre Aleister
Crowley evocava lo Spirito di Aiwazz durante " l'Operazione Cairo " in
Africa, e in America H.P. Lovecraft redigeva i suoi spaventosi
racconti, il Grande Dio Pan scendeva dalla montagne dell'Arcadia,
attraverso il poeta neoeonico Clemente Rebora, anche in Italia,
leggiamo assieme un frammento da una lettera del 1911:
" Mi sbatto nel contrasto fra l'eterno e il transitorio... sprizza una
scintilla di veemenza che si esaurisce nell'accensione della natura e
degli uomini e nell'infinità che mi circonda; e vorrei allora giovare
ed elevare tutto e tutti; smarrirmi come persona per rivivere nel
meglio o nel desiderio di ciascuno; esser un dio che non si vede
perché è negli occhi medesimi di chi contempla, essere un'energia che
non si avverte perché è nel divenire stesso d'ogni cosa che esiste,
perché si ricrea in ogni attimo. "
Ed una sua poesia:
" [ Dalla razzante pendice ]
Dalla razzante pendice
che rarefà di zanzare,
al campestre alveare
che un vortice d'api dorate
sciama nel vasto orizzonte,
la ghiotta luce felice
sul verde fiorito possente
s'eccita incandescente,
e con aculei di bragia
incidendo e gonfiando risucchia
l'umore notturno e la ragia.
Dal sotterraneo incubo,
quasi doccia ancor livida, sguscia
fulminea la vita
e, misuratasi al cielo,
spennecchia e trabocca e ricade
e rinnova il suo stelo.
Si nettan suonando i paesi,
e schiava del tempo che giova
la gente ritorna agli arnesi;
nella fatica si trova
e l'appetito prepara.
Dio, per l'aria si rode
e beato non gode
del buffo suo stato:
se scende, ignoto tramonta
nell'ingannevol natura;
se monta, vuoto svapora nel nulla.
Brani tratti da:
Poeti italiani del Novecento
A cura di Pier Vincenzo Mengaldo
Ed. Oscar Mondadori.
Eccessivamente " campagnina " ( ma necessariamente, date le condizioni
dell'Italia del tempo ), e sufficientemente retorica, la
documentazione facente capo a Rebora non può essere accostata a nessun
lavoro degli autori anglosassoni citati, inoltre, sfiora la realtà
panica, senza però centrarla*, a causa di un eccesso di soggettivismo.
Tuttavia, è bello sapere che l'Italia non è esclusivamente un paese
osirideo, ma che ci siamo, e ci siamo sempre stati, anche noi.
* Ad un'undicesima lettura, questa proposizione è da considerarsi un errore
causato da un eccesso di concentrazione sulla seconda parte del
frammento della lettera, espresso da un condizionale necessitato dalla
parziale percezione sfuggente della realtà panica espressa dal
sentimento comune, piuttosto che da un indicativo sufficiente alla
totale intuizione della realtà panica espressa da un sentimento
esaltato, o stato alterato di coscienza.
Clemente Rebora è, a tutti gli effetti, un poeta panico, e neoeonico.
domenica 25 gennaio 2009
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