mercoledì 24 dicembre 2008

Canto di Natale

Il morso di ricordi e sensazioni
sfugge al mio petto, e correre mi sembra
verso un vuoto simulacro di tristezza,
che si spezza come Baal dentro il suo Tempio,
e non rimane che polvere e fumo
delle cose che vivevamo, mentre il tempo
strumento della sorte traditrice,
cuor dell'eternità divoratrice,
ci sommerge come fece il mar d'Ulisse,
quel tempo che alle stelle ci trafisse.

Inchiodati alla croce del tramonto,
sanguiniamo e si perde dalle vene
un liquore a diluirsi dentro il mare
delle lacrime, e si corre a naufragare
senza più un orizzonte avanti a noi,
od una bussola per aiutare i passi,
e anche se fuor del pelago alla riva,
si arriva con fatica e senza fiato,
con l'animo spezzato, e il cuor rovente,
ad un passaggio fatto di rovine,
ove scivolare è il parto, tagliarsi è il mezzo, precipitare il fine.

E ti muovi tra ruvide catene
di monti innevati e picchi rotti,
di ponti strappati ed interrotti,
tra bruciature fatte dalla lava,
tra punte cadenzate ed irti rovi,
strappandoti la pelle, e le ferite
bagnando la ginestra con la vite,
e sebbene non vorrei che così fosse,
pure mi sembra tale
al sorger d'ogni dì vita mortale.

Ma in una terra che non ha speranza,
come cogliendo un raggio del buon Sole,
si torna a Verità, e questa è Amore,
che sorga tra due timidi fanciulli,
con un bacio, una carezza, o con un tocco,
o che sia tra due frugali amanti,
tra padri, madri, e figli,
o che l'intera umanità tutta coinvolga,
lo ritrovi in quel piccolo pacchetto,
che tieni tra le mani stretto stretto.

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