E so invocare e non darmi la morte
U. Foscolo
Un po' prosa, un po' poesia
Non è la mia specialità, un testo forte, a me piace
d'essere semplice, perché uso l'arte per comunicare, e non la
comunicazione per fare arte. Questo perché sono debole, molto debole,
come quando, da ragazzino, frequentavo la scuola dell'obbligo, e
reclinavo la testa sul banco, proprio sopra il braccio ripiegato, come
per cancellare il mondo che mi circondava, eppure, a quell'epoca
dormivo molto, e non studiavo niente. Così debole che ho bisogno di
attaccarmi a catene dopo catene di sigarette, dalle quali traggo
l'energia velenosa che mi sorregge: è un boccaglio per asmatici
dell'anima, una flebo per la sofferenza dell'inerzia, un denominatore
per le cifre dell'autoannullamento.
In realtà, ci fu un periodo in cui mi sentii vivo anch'io, fu quando
frequentavo il liceo classico, al pomeriggio studiavo, o andavo a
giocare a carte, e la sera, una volta alla settimana, mi riunivo con
gli amici per le avventure ai giochi di ruolo: allora ero vivo, e sì,
ero felice, oggi non frequento, né frequenterò mai più, le scuole, le
carte da gioco sono sparpagliate in un cassetto, e al mio tavolo ci si
siede solo più per mangiare; ma quel che è peggio, è che oggi, non
riesco neanche più a leggere, figuriamoci a studiare: le pagine
scorrono lente, gli occhi mi bruciano e lacrimano, e, da ogni
percorso, si fa strada l'intensa percezione della sofferenza.
E' una debolezza che sconfina, spesso, con il desiderio, con
l'accarezzamento del pensiero, ma esclusivamente del pensiero, del
suicidio, ed è un pensiero singolare, perché, più ci si avvicina, e
più si vuole vivere: e di lì che nascono veramente le mie antinomie
dei contrari, le voci demoniache, e quant'altro, persino la mia torre
da mago, che, in realtà, è una torre rovesciata, e che precipita nei
pozzi più neri dell'Inconscio: ma quando sbucci la cipolla, per quanto
tu possa piangere, arrivi sempre al cuore delle cose, ed il cuore è
l'Angelo Guardiano, che é una sorta di Sfera di Luce che si trova nel
plesso solare, poco sotto lo sterno, e che chiamiamo Istinto di
Sopravvivenza, quando in realtà non lo è, è molto di più, è quel
qualcosa che, qualunque cosa avvenga, non si indebolisce mai, e ci
avvolge nel singolare piacere della respirazione, nella gioia di
sentirsi vivi, nella preziosa ed instancabile letizia dell'esserci, a
qualunque prezzo. E se oserai di meditare, per cercarlo, per trovarlo,
anche questa sera, se veramente lo vorrai, lo raggiungerai anche tu, e
dialogherai con lui. Ma, da quel momento, la tua vita si farà molto
più triste.
1.
Arrampicati sopra i crinali della morte,
le aguzze fiere del sillabario ruggiscono
nel silenzio d'ottone dell'estasi, nell'equiparazione
dei contrari ottenuti rovesciandosi i mari nella pioggia
fra le increspature degli scogli, tra le pozzanghere
liberate dai venti e riflesse sopra i secchi dei
Sufi dalla misera tunica di lana, quando si
apre la danza sacra che infrangendo il vetro che
ci tiene intrappolati nello specchio delle illusioni,
rivela il reame alla bellezza, e la bellezza
è un'altra.
E allora si sciolgono i sofisticati sofismi che
ci soffocano, e ci soffermiamo ad ammirare uno
splendore che non è di questo mondo, mentre
spettegola il gallo confidando i suoi segreti solo al sole:
è l'immobile ed eterno andirivieni
tra ciò che vive, e ciò che muore.
2.
Io dipingo la pazzia,
io dipingo la follia che in me
risiede come un matto che si siede
in riva al mare, ed attende
che i suoi flussi ed i riflussi
finalmente poi lo portino a crepare.
E' un serpente che si muove,
striscia dentro la mia mente,
forma un chiasmo, poi uno spasmo,
e procede all'incontrario,
come un solitario verme,
fino a che tutta distrugge
ogni cosa che si strugge,
e non ne rimane niente, proprio dentro la mia mente,
e così scoperchia i pozzi
ed i tozzi tenebrosi abissi della verità.
Ché si celano in quel fondo
ch'é miasmatico e profondo,
quelle cose che non dici,
che paura assai ti fan.
lunedì 15 giugno 2009
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