mercoledì 17 giugno 2009

Apoftegmatica

E mi sentii da sempre
Chiamato dall'Altissimo,
E dal rigoglioso lucore
Verdeggiante d'accordi d'arpe
Angeliche,
Ed è come un buco nel cuore,
Come una pietra forata,
Proprio al centro del petto,
Attraverso la quale
Leviga irrequieto
Il fischio d'un vento
Di nostalgia.
E soffia e m'opprime,
Guidando i miei occhi
Verso le stelle,
Mentre la macina ininterrottamente
Mola il grano del mio desiderio.

Ma poi assistendo
Al verde spettacolo dei boschi,
Alla croccante mela, all'albicocca dolce,
Alla pesca succulenta, al ruvido melograno,
Alla rossa freschezza delle angurie,
Ed alla dolce ebbrezza dell'uva;
Come un nuovo ardore
Mi prende del mondo,
E vortica la mia Ruota dell'Anno,
Alternando fischi di richiamo,
E di allontanamento,
Come locomotive che vanno e vengono,
O Luce splendente oltre ogni Luce,
Matrice del Creato,
Gioia dell'Iride,
Ché coinvolto ed estasiato,
Mi tengo il Cristo vivo che dà la vita,
Mi tengo Iside.


Ma non per questo lascerò la Chiesa,
Per motivi egregorici,
Per riequilibrarmi con l'antropia,
Ma soprattutto,
Perché mi fa bene.

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