sabato 7 febbraio 2009

Realtà prometeica

Se siamo d'accordo sul fatto che gli animali siano completamente mossi
dall'Inconscio, e cioé, dall'Istinto, allora saremo d'accordo anche
sul fatto che Prometeo che porta il fuoco rappresenta l'emersione
dell'Inconscio medesimo dalla realtà istintuale e, conseguentemente,
la formazione e la costituzione della mente conscia, e quindi,
dell'autocoscienza, o presunta tale, appartenente all'uomo.
Il fuoco, dunque, come autocoscienza, rappresenta la consapevolezza,
da parte dell'uomo, della sua naturale fragilità e debolezza, nonché,
anche, la sicurezza della morte. Fomite, in ultimo, più di mali che di
beni, come anche il Mito di Adamo ed Eva, non diversamente
dall'affabulazione prometeica, sembra volerci fare capire.
In questo senso, Zeus rappresenta la nuova realtà delle cose, le
catene del Caucaso le costrizioni alle quali questa realtà costringe,
a cominciare, in primis, dal lavoro, e quindi dalla vita stanziale che
viene a costituirsi in seguito allo sviluppo dell'agricoltura, e
l'aquila, che non a caso rode le interiora, la paura del futuro.
Lo stato abituale dell'uomo, generalmente, si ferma qui, a meno che
non intervenga un Ercole a liberarci. E solo in quel caso possiamo
realmente parlare di autocoscienza, e non, invece di meccanicità.
Chi è Ercole? Ercole, manifestazione della forza e della virulenza,
non può rappresentare altro, in questo contesto, che la grezza
materialità del corpo umano, nonché, più in generale, la sua natura
essenzialmente inconscia, mentre le catene che solo lui è capace di
spezzare rappresentano le formulazioni superconsce attinenti alle
necessità della vita associata.
Quando Ercole spezza le catene, naturalmente, non vuol dire che
diveniamo asociali, infatti, potremmo anche continuare a vivere una
solidale vita in comune, tuttavia, ci liberiamo dell'accumulo di
sovrastrutture eterodirezionali indotte e siamo capaci di vivere la
nostra vita secondo la nostra Vera Volontà, non preoccupandoci più
eccessivamente del futuro, ma nella giusta misura, e così liberandoci
anche dell'aquila, come d'altronde, tutti i filosofi antichi ci hanno
insegnato a fare, a cominciare dal noto racconto, riportato, tra gli
altri, da Seneca e Aulo Gellio, secondo cui un vecchio in punto di
morte ebbe a dire: - Delle grandi paure che conobbi nella mia vita, la
più gran parte, me le ero create io. -
E così si compie il passaggio dalla formulazione veteroeonica:
- Sia fatta la Tua volontà. -
A quella neoeonica:
- Fa' ciò che vuoi, finché non danneggi nessuno.

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